La nuova sfida di Hruby: «Lascio BasketNet e divento agente di allenatori. Per provare a rilanciare questa professione»


Dopo quasi 10 anni di BasketNet Giampiero Hruby lascia la sua creatura. Perchè? E per andare a fare cosa? 
«Ho semplicemente deciso che è arrivato il momento di lasciare. Dovevo farlo lo scorso giugno poi, per vari motivi ho continuato per altri 4 mesi ma adesso è arrivato il momento di terminare veramente.
Il sito che ho creato è cresciuto, è in grado di camminare da solo e lo lascio in buone mani. Sono sicuro che avrà un buon futuro.
Da questo mese cercherò di intraprendere la carriera dell’agente di allenatori a livello professionistico. Tutto questo grazie alla partecipazione al seminario organizzato lo scorso settembre a Roma dalla FIP che ora mi consentirà di ottenere l’iscrizione prima al Registro dei Procuratori italiani e poi anche a quello della FIBA, per poter operare, eventualmente, anche al di fuori dell’Italia. Credo sia giusto, nel momento in cui si parte non precludersi nessun orizzonte, tanto più in un panorama ormai globalizzato».
Perchè proprio ora?
«Sto per compiere 50 anni e non sono pochi. Da un paio di anni sentivo la necessità di fare qualcosa di nuovo. Qualche mese fa mi sono ripromesso di cambiare entro la fine del 2010. Cambiare completamente lavoro ogni 10 anni fa molto bene; un grande giornalista e già direttore del Corriere della Sera, Piero Ottone, sosteneva addirittura che bisognerebbe cambiare lavoro ogni 5 anni, per ripartire sempre con rinnovato entusiasmo e motivazioni. Io le ho e mi butto in questa nuova avventura con grande carica».
E perchè l’agente e non lo scout o di nuovo l’allenatore, vista la passata esperienza arricchita da anni di osservazione esterna e distaccata?
«Allenare è la mia grande passione. Ho iniziato a 16 anni, fatto il primo corso da allievo allenatore a 17 e preso il tesserino da allenatore nazionale a nemmeno 23 anni quando facevo già il vice allenatore in A1. Da allenatore delle giovanili ho disputato 8 Finali Nazionali con Milano, Mestre e Fabriano. Come vice allenatore ho vinto uno scudetto con la Scavolini Pesaro nel 1990, giocato nello stesso anno una Finale di Coppa Korac e nel 1991 una Final Four di Coppa Campioni a Parigi. Da capo allenatore nel 1994 ho ottenuto la promozione dalla A2 alla A1 con l’Elecon Desio. Nel 1996 ho smesso e avevo meno di 36 anni ma con risultati superiori a quelli di parecchi allenatori impegnati nelle 2 leghe professionistiche quest’anno. Anche per questo, un pensiero a tornare ad allenare, l’ho fatto e lo dico in tutta sincerità. Ho però imparato dalla FIP che pur avendo fatto tutti i corsi e rinnovato la tessera da allenatore nazionale fino al 2002-03 per tornare a sedermi in panchina oltre a pagare una somma superiore ai 1.000 euro avrei dovuto partecipare al corso per allenatore nazionale della durata di 2 settimane. Non mi è sembrato il caso e quindi ho deciso di lasciare perdere. Nonostante questo, dentro mi sento comunque ancora un allenatore e probabilmente lo sarò sempre nella mia vita, un po’ come i sacerdoti di cui si dice: “Semel sacerdos, semper sacerdos”. Una volta sacerdote lo sei per sempre. Così come se sei stato un allenatore una volta, lo resti per tutta la vita, mentre non mi sono mai sentito giornalista, pur essendo iscritto all’Albo dal 2004 e nonostante mi sia cimentato anche in questa avventura: il fatto è che sentivo di avere idee da trasmettere ma facevo fatica ad esprimerle e forse si è anche visto. Ora ritengo sia giunto il momento di trasmettere questa mia passione nuovamente nel campo degli allenatori ma in un altro modo: non più in panchina ma al loro servizio,iniziando la professione dell’agente».
Quando ha maturato questa decisione? C’è stata una molla particolare, un momento chiave, un evento, oppure è stata una decisione maturata nel tempo? E nel caso da quanto tempo?
«Per un paio di anni ho pensato di poter diventare dirigente di club. In fondo, oltre ad essere stato un allenatore per quasi 20 anni, la mia vita è sempre stata all’insegna del basket: dal 1996 al 2010 sono stato un piccolo imprenditore ma sempre all’interno del mondo della palla a spicchi, facendo lo scout, l’editore, il giornalista, il responsabile dei contenuti di una testata giornalistica e l’agente (nel senso che ho commercializzato un software per la rilevazione statistica). Poi però ho tristemente notato che diversi bravi dirigenti si ritrovavano senza un ingaggio, senza un club, senza un lavoro e questo di sicuro non mi ha incoraggiato. Ma devo anche dire molto onestamente che nessuno mi ha mai avanzato una proposta concreta in questa direzione. Quindi, avendo deciso di cambiare rimanendo all’interno di quello che è sempre stato il mio ambiente, l’altro approdo naturale è stato diventare agente: in questo l’assist è arrivato dalla FIP con il seminario di Roma».
Si occuperà solo di allenatori?
«Credo di si. Forse mi allargherò al ruolo di scout e quindi avrò contatti anche con la categoria dei dirigenti mentre, tranne casi eccezionali, non credo che mi occuperò di giocatori e giocatrici».
Come mai? Troppa concorrenza o giocatori troppo viziati e difficili da gestire?
«No, non è un fatto di concorrenza. Il fatto è che credo di essere in grado di poter dare dei consigli utili ad un allenatore a 360 gradi mentre ad un giocatore potrei dare eventualmente solo qualche consiglio tecnico. Ma quelli, nel rispetto dei ruoli, li deve dare proprio l’allenatore con le sue idee e la sua filosofia di gioco».
Come mai tanti ex giocatori, e o ex dirigenti o anche allenatori, come nel suo caso, diventano agenti? I casi sono due: o è un lavoro facile oppure è particolarmente remunerativo…
«Per ora parlo da osservatore esterno quindi potrei dire delle fesserie. A me sembra che la professione del procuratore sia simile a quella del piccolo imprenditore. Uno più lavora e più guadagna. Questo ti porta a fare anche grandi sacrifici come stare al telefono 15 ore al giorno in certi periodi e lavorare con questi ritmi per 3-4 mesi di fila in un anno. Ma ti può portare anche a guadagnare somme ben più importanti di quelle che guadagnano i migliori giocatori, dirigenti e allenatori.
Io, che parto come ultimo degli ultimi, sono convinto che sarà difficile ma spero non impossibile. Ma vorrei chiarire che la mia molla non è solo quella del facile denaro: dietro ogni guadagno vi è tanta fatica e lavoro e io sono pronto a farlo senza distinzioni».
Il mercato degli allenatori è quasi tutto controllato da Virginio Bernardi di DoubleB. Non sarà facile inserirsi ed erodere questo impero.
«Concordo: Bernardi è molto bravo, sicuramente uno dei migliori. Però ritengo che se la maggior parte degli allenatori è rappresentata dallo stesso agente è come se nessuno avesse l’agente. Mi spiego: è un dato di fatto che l’ingaggio degli allenatori in questi ultimi anni è diminuito e questo dipende principalmente dalla crisi economica ma forse, in parte, anche dal fatto che molti allenatori hanno lo stesso agente. Che magari ha l’obiettivo di fare lavorare tutti i suoi assistiti, senza curarsi troppo di quello che guadagnano.
Poi c’è un’altra considerazione da fare: in regime di monopolio si dovrebbe guadagnare molto di più; in regime di semimonopolio (come accade con Bernardi e i suoi 100 clienti circa) si dovrebbe comunque guadagnare se non molto di più almeno di più, visto che sei tu a fare il mercato. Invece ora gli allenatori guadagnano di meno rispetto ad anni fa. Il fatto è che la lista di Bernardi è lunga e comprende allenatori da 250 mila euro circa ad altri da 25 mila euro o perfino meno. Come fai a curarli tutti e bene? No, sono convinto che questa situazione, alla luce dei fatti, non abbia portato vantaggi all’intera categoria degli allenatori. Io invece voglio portare sana e leale concorrenza e di conseguenza migliori servizi: che serve sempre nel mondo del lavoro. Guardate le Ferrovie dello Stato: erano un carrozzone obsoleto e l’arrivo sul mercato nello stesso settore di un concorrente come Luca Cordero di Montezemolo ha spinto tutti a cambiare. Il risultato è: più concorrenza e miglior servizio per il cliente. Ecco, io voglio dare un miglior servizio a quelli che spero saranno i miei clienti».
Un allenatore, però, non è obbligato a firmare la sua procura alla agenzia di Bernardi. Al suo posto non faresti come lui?
«No, io ho idee diverse. Ripeto, credo sia impossibile seguire bene 100 allenatori perché questo significherebbe monitorare al meglio tutto il basket maschile e quello femminile, il professionismo e il dilettantismo senza trascurare le giovanili. 100 allenatori possono essere seguiti bene da 4 o 5 agenti. Uno più bravo degli altri, come Bernardi, ne può seguire 30, massimo 40 ma sicuramente non 100, o almeno non può farlo al meglio. Tra l’altro mi risulta che stia ancora reclutando nuovi clienti. La mia idea è di rappresentarne una ventina, massimo 25. Fosse possibile 5-6 capi allenatori a livello professionistico, 5-6 assistenti, 5-6 capi allenatori a livello dilettantistico e 5-6 a livello giovanili. Ma soprattutto vorrei avere con loro un approccio nuovo. Non so se ricordate il film “Jerry Mc Guire” in cui Tom Cruise interpreta il ruolo dell’agente di giocatori di football americano e un giorno decide che è giunto il momento di cambiare l’approccio al cliente. Ci pensa una notte e poi scrive una memo indirizzata a tutti i suoi colleghi il cui messaggio praticamente è questo: meno clienti ma più attenzione a loro. Lo prendono per matto, viene licenziato dalla sua agenzia ma chi resta con lui scopre il suo nuovo approccio e gli da’ di più. E alla fine questo giocatore che è rimasto con lui spunta un contratto migliore anche e soprattutto perchè è seguito bene e quotidianamente dal suo agente. Ecco io voglio fare così: e in un periodo in cui l’allenatore è sempre più personaggio anche al di fuori dal campo di gioco, nell’epoca di José Mourinho il grande comunicatore, voglio mettere al loro servizio anche tutta la mia esperienza accumulata in questi anni: conoscere il mondo dei media, la comunicazione nell’era di internet e della globalizzazione, è fondamentale. E io un po’ di questo know how credo di averlo maturato».

Parti da solo oppure ti appoggerai ad agenzie già avviate?

«Parto da solo, completamente, almeno per il momento. Naturalmente sono aperto a collaborazioni in particolare con nuovi agenti ma anche con agenzie già presenti sul mercato. Gradualmente mi piacerebbe formare una nuova agenzia con un paio di partner ma soprattutto collaboratori giovani. Se qualcuno è interessato può contattarmi a giampierohruby@gmail.com».

Intervista a cura di Stefano Benzoni di SuperBasket e AmericanSuperBasket (Parte 1 di 3, continua)

Fonte: www.basketnet.net

La Redazione Basketinforma